Opera restaurata con il Fondo restauri della Società Storica Altolariana

Riconsegnata la pala di Gaspare Bazzano a Vercana

Domenica 26 gennaio, festa patronale di S. Sebastiano a Caino, parrocchia di Vercana, durante la celebrazione della S. Messa, è stata riconsegnata la pala dell’altare maggiore restaurata con il Fondo Restauri della Società Storica Altolariana e il contributo della Fondazione Provinciale della Comunità Comasca. La tela, che ricorda l’emigrazione degli Altolariani a Palermo, è opera del pittore siciliano Gaspare Bazzano e raffigura il Crocifisso con i santi Sebastiano, Maria Maddalena e Rocco.

La pala raffigurante “Il Crocifisso e i santi Sebastiano, Maria Maddalena e Rocco” sull’altare maggiore della chiesa di S. Sebastiano a Caino di Vercana, non firmata né datata, è stata attribuita dalla scrivente a Gaspare Bazzano detto lo “Zoppo di Gangi”, pittore che ha ormai trovato la propria individualità personale e artistica grazie alle acquisizioni documentarie. […]
Il Bazzano abitava e aveva bottega nella zona del convento di S. Domenico, dove erano presenti molti emigrati altolariani, e collaborò tra l’altro con Gaspare Lo Zizo (suo allievo, amico e vicino di casa), di cui è noto un contratto del 1626, subito dopo la peste, con i procuratori della “scuola” di S. Salvatore di Vercana per l’esecuzione di un dipinto con santa Rosalia e altri sacri personaggi. […] non mancarono agli emigrati a Palermo da Caino (i Ballone, i Del Sasso, i Baraglia, i Noghera, gli Astrico…) le occasioni per la commessa del “Crocifisso e i santi Sebastiano, Maria Maddalena e Rocco” per la loro chiesa di S. Sebastiano (dipendente dalla parrocchiale vercanina di S. Salvatore, sotto il cui titolo si riunivano nel capoluogo siculo). La pala, eseguita quasi certamente, per la grande qualità, nella fase più matura della vicenda artistica del Bazzano, che risulta già defunto nel luglio del 1624, non poteva non contemplare la raffigurazione del patrono, Sebastiano, il santo che, accoppiato a Rocco, era considerato tradizionale difensore contro la peste prima che tale protezione fosse considerata prerogativa quasi esclusiva di santa Rosalia, mentre il Cristo appare un richiamo alla parrocchiale di Vercana. A differenza di altre scene della tipica iconografia bazzaniana, in cui i sacri personaggi si pongono simmetricamente ai lati di una figura principale mentre la Vergine o il Cristo tra cori angelici abitano la parte superiore in una partizione terra/cielo ben evidente, qui il Cristo in croce, stagliandosi tra i santi  Sebastiano, Maddalena e Rocco, occupa quasi integralmente la scena unendo simbolicamente terra e cielo con la sua presenza salvifica. Al grande equilibrio compositivo concorre anche l’omogeneità atmosferica vaporosa e dorata che coinvolge e accorda le figure, così tipica del pittore di Gangi. Di grande qualità espressiva, il Cristo è simile, nella tipologia, a quello tra le braccia del Padre nella “Trinità con i santi Francesco di Paola e Biagio”, eseguita nel 1613 per il convento trapanese di S. Francesco di Paola, e pure stringente è l’analogia con il Cristo in croce dell’oratorio palermitano di S. Lorenzo. Bazzaniane sono le fisionomie dei cherubini dalle bocche imbronciate, naso minuto e carnoso, piccolo mento tondo e quelle di Sebastiano, Maria  Maddalena e dell’angelo bambino, dai volti pressoché sovrapponibili; il profilo di san Rocco non si discosta da altri eseguiti dallo Zoppo nel corso della sua prolifica produzione. […] Della riconosciuta mano felice dello Zoppo nel tratteggiare paesaggi è testimonianza la veduta azzurra di architetture (adombrante Gerusalemme) sullo sfondo, oltre a un piccolo brano di luminosa vegetazione. Ed è ben riscontrabile nelle vesti della Maddalena e dell’angelo bambino la tavolozza di Gaspare dai colori vivaci e piacevolmente stridenti – mutuata certo dal manierismo toscano –, unita alla usuale ricercatezza decorativa. Commissionando la pregevole pala al Bazzano (qualche marginale caduta può far sospettare l’intervento della bottega), si volle rispondere 
con magnificenza all’invito, rivolto ai fedeli di Caino dal vescovo Archinti fin dal 1599, di predisporre per l’altare maggiore “un’icona ch’habbi sopra qualche pie figure e qualche mistero devoto”.